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C'era una volta la Terra di Lavoro: la Campania Felix dei romani

 Le parole terra e lavoro erano una garanzia. Di fertilità e di onestà. Oggi la prima è uccisa dalle discariche dei rifiuti malgovernati di un sud gestito da incapaci e al servizio del nord. E la seconda è sepolta in questi terreni, diventati proprietà insanguinata dei boss casalesi. Quelli di Gomorra, avete presente? Non molto tempo fa in questi terreni una volta pieni di alberi carichi di frutta e rimasti abbandonati o prossimi a essere venduti per diventare discariche, un pugno di cittadini coraggiosi hanno tentato di riabilitare il nome e i luoghi geografici della Campania Felix. Completato l'iter giuridico della confisca dei beni dei camorristi, la magistratura consegnava un terreno dopo l'altro ai comuni di appartenenza e questi, in virtù di una apposita e saggia legge stipulavano patti con cooperative e associazioni come Libera di don Ciotti, che gestivano terreni e immobili tolti a malavitosi per renderli onestamente produttivi.
 
Il riscatto è andato avanti finché le condizioni generali l'hanno permesso. Ora è in atto una sorta di riappropriazione da parte dei Comuni, che dietro un intento dichiarato di gestione in proprio (qualche volta, altre volte invece nessun intento) nascondono la volontà di simbolica restituzione ai vecchi proprietari. Tutto si sta compiendo nel disinteresse generale. E' in corso un festival, il quarto, che fa tappa proprio nelle terre confiscate, ma non c'è stata alcuna mobilitazione generale contro quest'azione di ritorno alla barbarie, e i media reagiscono con pigrizia agostana alle notizie a cascata di vandalizzazioni, minacce e poi rescissione dei contratti. Così rischiano di tornare alla camorra i terreni di Casal di Principe gestiti dalla Cooperativa Eureka, confiscati al boss Sebastiano Ferraro. I ragazzi della cooperativa ci avevano impiantato un pescheto dando vita ad un laboratorio di agricoltura biologica intitolato alla vittima innocente di camorra Antonio di Bona. Coltivavano ortaggi e verdure (melanzane, zucchine, zucche, insalate) producendo miele. A questi si uniscono il grano coltivato sui terreni confiscati a Pignataro Maggiore (con cui vengono prodotti i "paccheri di Don Diana", una pasta trafilata a mano intitolata al sacerdote ucciso dalla malavita in quelle stesse terre), e gli altri prodotti coltivati a Sessa Aurunca da Simmaco Perillo con la Cooperativa Al di là dei Sogni. 
 
Sono in rete altre coop che lavorano sui beni confiscati, tra cui la coop. "Le terre di Don Peppe Diana" che produce anche "la mozzarella giusta", tra Castel Volturno, Casal di Principe, Cancello Arnone, Santa Maria la Fossa: zone di camorra dove finora gli allevamenti delle bufale, che non possono essere intensivi per la specificità dell'animale, non si evitavano comportamenti cruenti come quelli contro i bufalotti maschi, seppelliti vivi perché "inutili" o lasciati morire di fame mentre il latte che spettava a loro diventava la mozzarella su tutte le tavole d'Italia... I nuovi allevamenti delle terre di confisca si propongono per statuto di essere ecosostenibili e compatibili.
 
Non solo cibo. Abiti e materiale etnico produce la "Casa di Alice", la sartoria sociale gestita dalla associazione Jerry Masslo a Castel Volturno. Qui un sindaco di Forza Italia ha ingaggiato una lotta contro il presidente Renato Natale, accusato di far spazio e dare assistenza ai migranti, che il primo cittadino considera quasi tutti malavitosi associando con un'operazione quantomeno azzardata ma insistente erba buona ed erba cattiva. Con un atto amministrativo non valido ha già tentato sottrarre all'associazione i locali affidati appunto in virtù di una legge. Sarà questa sartoria, quest'anno, a realizzare la borsa - confezione che conterrà i prodotti per quello che lo scorso anno fu ripreso anche dalla BBC: "Facciamo il pacco alla camorra", la strenna con i prodotti coltivati e prodotti sui terreni confiscati (sott'oli, marmellate, pasta, olio, formaggi). "Fare il pacco" nel gergo della mala significa gabbare, truffare. In questo caso la cooperativa dimostra che la legalità può inficiare l'azione dei clan, che spesso producono e impongono poi alle reti commerciali a loro assoggettate, prodotti contraffatti, scadenti, o contenenti sostanze nocive alla salute.
 
E' questo, e non le caserme di carabinieri "chiuse al pomeriggio" dove è impossibile presentare una denuncia, o i commissariati di polizia con computer vecchi come il cucco, il "Modello Caserta" vantato dal ministro dell'Interno Maroni. E per questo, nell'Italia distruttiva, che vogliono farla a pezzi, come ogni cosa che funziona. Le coop sono vere fucine di progetti. Uno è quello della rete con la quale sviluppare l'uso di questi prodotti ad opera del "Nuovo Commercio Organizzato" (parafrasi della Nuova Camorra Organizzata, il potente e sanguinoso clan degli anni Ottanta capeggiato da Raffaele Cutolo nel napoletano). L'idea di mettere sul mercato prodotti alimentari genuini e dall'alto valore sociale in rete con altre realtà non solo meridionali ma nazionali e internazionali, di commercio equo e coltivazione biologica. Un'occasione per intrecciare esperienze e prodotti diversi capaci di valorizzare le diverse competenze e specificità terrritoriali. Ce lo spiega Antonio Esposito che collabora con la cattedra di Bioetica dell'Università Orientale di Napoli e ha curato la collettiva di testi "Carta straccia. Economia dei diritti sospesi" (Ad Est dell'Equatore) nella quale si dà conto di queste tematiche: "L''idea che si sta sviluppando a partire dal riutilizzo dei beni confiscati in provincia di Caserta - afferma Esposito - è quella di dar vita ad un laboratorio di economia sociale in grado di realizzare  sviluppo autentico e non fittizio o provvisorio che sia basato non più sul profitto ma sul benessere, di territori e cittadini, anche sulla scorta di teorie economiche come quelle avanzate in questi anni dal premio Nobel Amartya Sen. D'altro canto il discorso di Sen di un'economia che riesca ad ampliare quelle che lui chiama "capabilities", cioè le possibilità reali di accesso ai diritti ed alle tutele fondamentali da parte di tutti, innanzitutto i più deboli, trova ampia e confortante attuazione in questo laboratorio casertano che si è strutturato proprio a partire da quelli che sono considerati "gli ultimi".
 
Strumenti innovativi come i progetti terapeutici riabilitativi sostenuti da "budget di salute" (BdS/PTRI), non hanno solo garantito il diritto alla cura, ma anche quello della restituzione alla cittadinanza, di decine e decine di donne e uomini con disabilità, provenienti dalla salute mentale, immigrati, donne vittime di tratta e violenza, anziani: le cosiddette "fasce deboli" citate a iosa nei documenti ufficiali ma mai davvero tutelati. "Sono loro - spiega il curatore dell'antologia - i primi protagonisti di un riscatto possibile di questi territori". Riscatto ostacolato oggi da scelte incomprensibili di alcuni comuni, dalal burocrazia, dall'Asl, da un Consiglio regionale che non discute la proposta di legge sui budget di salute, da una giunta regionale che non prende posizione. Un clima generale che non sostiene queste esperienze e subito è stato fiutato dalla criminalità organizzata che è tornata a far sentire le sue intimidazioni. Come ha detto anche il procuratore aggiunto di Napoli Federico Cafiero de Raho "una situazione che preoccupa e necessita della massima attenzione" mentre Libera denuncia "un accerchiamento è in atto".
 
Diritti negati che vengono restituiti grazie a un progetto intelligente che nasce a sud. Sappiamo quanto i Comuni soffrano in termini di responsabilità ed economici, la questione randagismo. L'associazione napoletana PCC Progetto Cane Cittadino collabora con la cooperativa Al di là dei sogni a Sessa Aurunca nel progetto di riabilitazione per i randagi che non sarebbero adottabili o verrebbero restituiti (come a tanti accade, una volta usciti dai canili). Esistono persone e cani di "fascia debole". PCC lavora da un anno sulla sostenibilità e compatibilità accresciuta del rapporto uomo-animale, con una ricerca basata su studi e azione sul campo dell'educazione cinofila. E spera di poter dimostrare senza gabbie e senza più trincee tra persone e animali, che non esistono cani irrecuperabili, bollati a vita dallo sbagliato timbro di "morsicatori" o dal pregiudizio. Vincendo quest'ultimo nel campo animale, la nostra speranza è di vincerlo anche tra persona e persona.

 

Data: 19/07/2011
Autore: STELLA CERVASIO
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