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Lo strano caso di Porto Empedocle. Il veterinario che non poté sterilizzare i randagi
Filippo Palizzi - collezione privata

 Ci si lamenta del randagismo, dei branchi di cani inselvatichiti, soprattutto a sud. Ma non sempre poi, quale sia la ragione, le amministrazioni locali dimostrano reale desiderio di affrontare il fenomeno con gli strumenti indicati dalla legislazione e dal raziocinio: la pratica di sterilizzazioni a tappeto. A volte sembra quasi più comodo lasciare che gli animali si riproducano a oltranza, pure quando non ci sarebbero da investire ingegno e risorse propri per ottenere il contrario.
 Nel 2008 Cristiana Crittino, libera professionista torinese da molti anni attiva in progetti per la protezione degli animali, ultimo la realizzazione di una struttura cinofila perlopiù adibita a rifugio, rimane colpita dalla situazione di emergenza che traspare dalle innumerevoli richieste di adozione di cani provenienti dalla Sicilia. In particolare da Porto Empedocle riceve preghiere di aiuto da Assuntina Dani, una signora che da 15 anni si dedica anima e corpo alla cura dei randagi, non di rado in zona maltrattati, seviziati e mostruosamente uccisi. "Del resto qui la mentalità è dura a cambiare. Quando ero ragazzina girava 'o boiacani, era un impiegato comunale: catturava gli animali e li impiccava dietro la Torre Carlo V," rievoca Assuntina. "Poi si passò alle stragi col veleno per topi e anche oggi, sebbene non più autorizzati, si assiste spesso a orrori."
 In diverse occasioni dunque Cristiana si prodiga per sistemare cani provenienti da laggiù, finché non lancia una proposta generosamente costruttiva. "Offrii di inviare a mie spese un ottimo veterinario per effettuare una robusta campagna di sterilizzazione, così da incominciare ad affrontare la questione alla radice," racconta. La proposta viene accolta con entusiasmo da Assuntina, che all'epoca è anche rappresentante legale pro tempore del canile locale. Si prendono accordi con il Sindaco di Porto Empedocle e nel mese di agosto sbarca in città il dottor Yascin Distinto. Particolarmente esperto in catture e sterilizzazioni (è il fondatore dell'Italian wildlife and zoo veterinary emergency team onlus), in poche ore raduna i primi esemplari, sette-otto femmine, ed è pronto a mettersi all'opera. "A quel punto però mi fu detto che la sala operatoria del canile non era ancora del tutto allestita. In effetti c'erano alcuni operai intenti a montare la lampada scialitica e li aiutai. In parte ancora impacchettate, avevo di fronte a me attrezzature sontuose che aspettavano solo di essere uste," ricorda il dottor Distinto. "Allora intervenne la Asl, dichiarando che la suddetta camera operatoria non godeva ancora delle necessarie autorizzazioni. 'Non potete fornirle subito?' chiesi. Mi fu fatto capire che bisognava aspettare." Passano i giorni, Yascin scalpita. "'Se ne vada al mare,' dicevano. Visto che la situazione sembrava bloccata, domandai se non si potesse trovare un altro posto: avevo comunque la mia attrezzatura. 'Domani vediamo' era la risposta. Quindi ventilarono che avrebbero cercato ospitalità fra gli ambulatori veterinari privati dei dintorni, ma a quanto pare nessuno si rese disponibile. Mandai una nota al Ministero della Salute e allo scadere della seconda settimana me ne andai, non senza essermi fatto rilasciare una dichiarazione in cui si puntualizzassero le responsabilità dell'accaduto."
  "Il problema si creò perché la camera chirurgica non ebbe il benestare della Asl, che era l'unica a volerci mettere le mani dentro. E l'autorità sanitaria provinciale non ha fatto niente per agevolare," spiega Sergio Riguccio, responsabile dell'Ufficio Sanità di Porto Empedocle. "Eppure noi ogni anno per i cani spendiamo soldi, e ad alcuni rimborsi di soggiorno provvedemmo noi per il professionista, col quale alla fine non riuscimmo ad avere un rapporto. Forse perché c'era questa triangolazione con la Asl e la signora Dani."
 "Al tempo li richiamammo" dichiara Rosalba Matassa, dirigente veterinario della direzione generale della Sanità Animale al Ministero della Salute: "si era creato un assurdo contrasto con le autorità sanitarie locali. Ma adesso lì la situazione sta migliorando, si impegnano di più con le sterilizzazioni." "Siamo un Comune d'eccellenza, abbiamo abbattuto il randagismo dell'80%," conferma Riguccio. "Gestiamo tutto internamente, è lo stesso direttore sanitario che cura le adozioni."
 Fatto sta che l'anno successivo a tali fatti, il 2009, dopo alcune aggressioni a persone compiute da cani inselvatichiti a Modica, buona parte della Sicilia affrontò la questione per mezzo dei fucili dei cacciatori, che sparavano a ogni meticcio incontrato lungo la via.
 Dichiara Cristiana Crittino, che non ha rimpianti per le spese inutilmente sostenute ma alla stregua di tanti volontari e associazioni non riesce a pensare con serenità agli animali di quelle zone: "Non sono una che demorde facilmente: mi piacerebbe ritentare e portare a termine l'impresa."

 

Data: 03/11/2011
Autore: ILRESPIRO.EU
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