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Testimoni silenziosi della nostra vita. Alberi e piante secondo Luciana Marinangeli
Pierre Auguste Renoir

 Scrittrice, francesista, studiosa di psicanalisi e astrologia, amante e profonda conoscitrice del mondo vegetale. Luciana Marinangeli – fondatrice dell'Associazione l'Alberata – è da molti anni in  prima linea nella battaglia per la difesa delle piante, troppo spesso considerate alla stregua di oggetti senza vita.

 Come spiegherebbe cos'è una pianta?

 Le piante sono esseri viventi, e dove c’è vita c’è un sentire. Probabilmente le piante non pensano come noi intendiamo, ma senza dubbio sentono. Possiedono almeno tre sensi: il tatto, l’olfatto e l’udito. Un libro straordinario, La vita segreta delle piante di Peter Tompkins e Christopher Bird, tra le altre cose dimostra che i vegetali sono in grado di ascoltare la musica. Inoltre le piante percepiscono il sentimento, l’emozione di chi si avvicina loro. Una trentina di anni fa partecipai ad una conferenza molto interessante al museo di Roma a piazza Sant’Egidio. Uno scienziato, del quale non ricordo il nome,  era riuscito a trasformare gli impulsi nervosi dei vegetali in impulsi acustici. Quando si avvicinava un giardiniere con le forbici, la pianta emetteva un grido altissimo di angoscia. Quando invece si avvicinava un giardiniere con l’acqua la pianta emetteva un suono meraviglioso, simile a quello di una voce femminile, un soprano alto.

 Esiste, dunque, una relazione così profonda fra uomini e piante?

 C’è una frase bellissima di Victor Hugo: “quando sono tra di voi, alberi immensi, sento qualcuno che mi guarda e mi ama”. Spessissimo i grandi letterati, in particolare i poeti, parlano di natura e avvertono con forza gli alberi. Da Keats a Shelley, dagli autori classici come Virgilio e Lucrezio ai romantici come Byron. Il poeta è colui che ha la sensazione della completezza delle cose; per questo così di frequente la parola poetica si rivolge al mondo vegetale. Per offrire una testimonianza di come la poesia sappia riparare alle mancanze nella comunicazione con ciò che è intorno a noi, ho organizzato dei recital in onore delle piante  -a Villa Sciarra e all’Orto Botanico di Roma, ai Giardini di Boboli a Firenze – in cui ho riproposto le poesie dei grandi autori dedicate agli alberi. Hanno partecipato noti attori, come Maria Rosaria Omaggio e poeti come  Vito Riviello e Valerio Magrelli, che ha composto una poesia per l’occasione.

L’importanza delle piante nella nostra vita non è solo letteraria.

La pianta ci ricorda la ciclicità della natura, la regolarità con cui il succedersi delle quattro stagioni si ripete. La ciclicità ha un valore importantissimo, primario, perché rassicura l’uomo che la vita si rinnova. E’ questo il significato filosofico degli alberi: c’è un tempo per nascere e uno per morire. Oggi viviamo con l'idea fissa, la mania, il delirio della crescita continua. Ma esiste anche un tempo del decrescere, il tempo della morte, della notte. Le piante ricordano anche a noi esseri umani, sempre più immersi in ambienti artificiali, che viceversa siamo natura. Donano ossigeno e ombra. E poi l’albero è bellezza.  Noi abbiamo bisogno della bellezza e gli alberi ne sono il primo esempio al mondo. Testimone silenzioso della nostra vita, l'albero perlopiù ci sopravvive. Quando nel 2006, all’improvviso, a Roma tagliarono tutti gli alberi centenari di via Boncompagni, andai lì come una furia. Fotografai i ceppi, erano tutti sani. Poi appresi che un vecchietto, quella mattina, era sceso e aveva abbracciato l’albero che stava per essere tagliato sotto casa sua. Quell’uomo soffriva la perdita di un compagno essenziale: per noi è fondamentale esistere agli occhi di qualcuno.

 Fino a che punto l’incontro con l’universo naturale può incidere sul nostro destino?

 Due piccoli episodi.  Ho frequentato a lungo la Libreria Bibli, a Roma, dove tenevo “letture di serenità”.  Individuato un tema universale andavo a cercare risposte dovunque, dalla canzone al proverbio, da Jung a Cechov. Ne parlavo con linguaggio familiare, difendendo tuttavia la qualità di sostanza dell’informazione: una  sorta di divulgazione all’inglese. Una volta invitai una ragazza che era riuscita a pubblicare la sua storia con l’editore Mala Tempora. Vittima di maltrattamenti e incomprensioni di ogni genere, aveva vissuto in uno stato di profonda prostrazione, finché qualcuno non le regalò una violetta. Fu quella violetta a salvarla.  Altro aneddoto: insegnavo al Liceo Virgilio e un allievo, Simone Andreotti, tuta mimetica e pose da bullo, turbava la serenità della classe. Gli ho regalai una violetta africana raccomandandogli di tenerla in vita. Oggi è biologo ed è impegnato con Legambiente.  

 Come sono stati percepiti alberi e piante dai grandi maestri della psicanalisi?

 Sappiamo che in linea teorica Freud riconduceva la complessità dell’individuo e delle sue relazioni con l’esterno alle pulsioni sessuali. Una concezione che sembra riconoscere poco valore alle attività spirituali e contemplative. Eppure egli amava le rose e le coltivava con sapienza. Pochi mesi prima di morire, a Londra, a un giornalista che gli domandava cosa avrebbe salvato del mondo indicò semplicemente il mandorlo in fiore al di là della finestra. E’ più semplice invece comprendere la sensibilità per la natura di un uomo prestante e vitale come Jung, spirito senz’altro più interessato a una visione allargata dei fenomeni della psiche. Jung amava lavorare la terra, portava persino il grembiule da giardiniere. Anche Ernst Bernhard, che di Jung fu un seguace, attribuiva un significato particolare alle piante. Fu proprio sotto un albero di ginko biloba che incontrò Dora, la sua futura moglie. Da quel momento riempì tutti i suoi libri e i suoi quaderni con le foglie di quella specie. Nel suo studio di Roma, inoltre, teneva una enorme pianta di filodendro.

 

 

Data: 22/11/2011
Autore: LUIGI GAETANI D'ARAGONA
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