Sul sagrato delle chiese piemontesi ci sono ippocastani diventati monumentali, piantati per la loro bellezza anche quando i rami nudi, in inverno sembrano zampilli di una grande fontana e a primavera, tra le foglie disposte a ventaglio spiccano i bei fiori bianchi disposti a piramide. Li mettevano spesso a dimora vicino alle stazioni di posta, quando si viaggiava a cavallo ed in carrozze trainate da cavalli, perché i loro frutti, le castagne d’India, erano buon foraggio e curavano le malattie da raffreddamento di quegli animali.

A Dogliani, davanti al complesso assistenziale Sacra Famiglia ce n’è uno sulla piazza tutta pavimentata, salvo un piccolo cerchio intorno al tronco. La sua bella forma originaria è scomparsa con la potatura e l’albero è malato, vittima probabilmente del parassita cameraria che sta affliggendo i suoi simili nell’Italia settentrionale. Ogni malattia attecchisce più facilmente chi è indebolito, che si tratti di albero, di animale o di persona.

Già oberati dal superlavoro per smaltire un inquinamento massiccio, con la pavimentazione e l’asfaltatura degli spazi intorno ai quali crescono gli alberi, non solo si soffocano le radici, che hanno bisogno di aria anche sotto terra, ma si impedisce all’acqua piovana di raggiungerle. Bisognerebbe sostituire quel coperchio impermeabile con i moduli autobloccanti, che lasciano spazi sufficienti a far passare l’acqua, l’aria, a far crescere l’erba e rendere più belli e freschi d’estate piazze, viali e parcheggi.

Per combattere la cameraria, oltre a bruciare subito le foglie cadute, si può usare un rimedio biologico, mettendo a primavera intorno al tronco un anello con una trappola ai ferormoni, le sostanze odorose che emettono le femmine per attrarre i maschi.

Ci sono centri che si occupano di fare diagnosi e prescrivere cure adatte. La bellezza e l’ombra che dà lui non potrà essere sostituita da un ombrellone o da un alberello stentato!

 Anna Cassarino       www.ascuoladaglialberi.net