Uno dei più grandi amori di Johann Wolfgang Goethe fu certamente Marianne von Willemer, che aveva incontrato nel 1814 e che vide per l'ultima volta il 27 settembre 1815: fu un incontro breve ma forte, e toccò profondamente il suo spirito. La sera dell'addio egli scrisse una delle sue più belle poesie, al tempo stesso espressione di un sentimento personale e riflessione universale.
Il sentimento è la volontà di riaffermare la verità dell'unione reale, quella dei cuori, nonostante la realtà della separazione materiale. La foglia a ombrello del Gingko Biloba, l'albero orientale che Goethe ha nel suo giardino, ha una partitura in due lobi uniti però sullo stesso gambo. I lobi, ventagli fittamente solcati da sottili venature, si allontanano l'uno dall'altro ma in fondo, alla base, restano uniti. E al pensatore Goethe la foglia dice anche che siamo al tempo stesso uno e più di uno: che forse tu sei me.
La foglia di quest'albero
dall'Oriente affidato al mio giardino
offre il gusto di un senso segreto
mentre delizia il sapiente.
E' forse un essere vivente
che s'è in se stesso separato?
O sono due, che hanno scelto
d'essere conosciuti come uno?
Per soddisfare la domanda
il senso giusto ho trovato:
non senti forse dai miei canti
che sono uno e sono doppio?
dal West-Ostilcher Divan, 1819
Una grande lezione da una creatura millenaria; un fossile vivente, vecchio di 250 milioni di anni, una creatura vegetale straordinaria che ha resistito anche alla bomba di Hiroshima. Dopo l'esplosione, nel deserto di ceneri della città si è trovato il vecchio Gingko locale ancora vivo, pronto a fare nuovi germogli. E in autunno a Tokyo i bambini vengono condotti nei pressi del Palazzo Imperiale a camminare nel grande viale interamente fiancheggiato da maestosi alberi di Gingko nel periodo in cui le foglie diventano perfettamente gialle, di un giallo d'oro brillante. I piccoli raccolgono con molta attenzione quelle cadute per farne dei mazzolini rituali.
In Europa quest'albero davvero magico, dalle grandi capacità terapeutiche, è arrivato verso il Settecento e si trova nei giardini pubblici, meno spesso nelle vie delle città. La sua alta statura lo fa passare quasi inosservato ma è soprattutto in autunno che attira l'attenzione per il colore così luminoso delle sue foglie.
Goethe era un amante non solo del Ginkgo ma di tutti gli alberi, che gli offrivano spunti anche di riflessione scientifica, come fu con la famosa palma dell'Orto Botanico di Padova. Era quella l'epoca del desiderio di ritorno alla natura. Non solo Rousseau era felice fantasticando nelle sue passeggiate solitarie, ma lo erano anche Victor Hugo e Chateaubriand, e il giovana Keats nella sua esplorazione dei paesaggi del Lake District.
Goethe nel suo viaggio in Italia, il" paese dove fioriscono gli aranci", andò spesso a passeggiare a Villa Borghese, a Roma, dipingendo acquarelli degli angoli più belli di quel parco ancora proprietà dei principi. Amante dei grandi alberi, venne spesso a passeggiare sotto gli enormi tronchi della Valle dei Platani, il cerchio magico di vegliardi imponenti che sorgono in un luogo dalla penombra fatata, oggi vecchi di quattro secoli e che proprio in questi giorni l'insensata distruttività di lavori comunali decisi per fare un po' di economia, per abbreviare il percorso di cavi elettrici dell' Acea, ha messo in serio pericolo.
Cosa direbbero agli uomini delle ruspe le foglie di quei platani che hanno visto Goethe ? E se tu sei me, se l'albero è te, vuoi scrivere per lui la tua poesia, o lettore? Vuoi mandarmela, che io la pubblichi qui e l'attacchi alla sinistra ruspa, nuovo carro armato di Tienammen che pure un uomo, un uomo solo, in maniche di camicia, ha fermato , immortale nella memoria?
Grazie da Luciana Marinangeli
La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro