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IL PAESAGGIO E' UNO STATO D'ANIMO - Occuparsi del giardino interiore
Immagine dal film

  La scena più bella dell'ultimo magnifico film di Jane Campion ,"Bright Star", sulla vita di Keats, è certamente quella in cui Fanny Brawne, la fanciulla con cui ha una intensa vicenda d'amore, riceve una lettera da lui. Allontanatasi dagli altri per leggerla si inoltra da sola in un grande prato gonfio dei fiori dell'estate; alle prime frasi, cade in ginocchio in mezzo al mare di corolle. Lui le scrive:
   "Fà che la tua lettera sia inebriante come un filtro di papaveri e mi ubriachi; scrivi le parole più tenere e baciale perché io possa almeno posare le labbra dove si sono posate le tue", e papaveri, i fiordalisi, le genziane del campo fanno eco a quelle parole preziose con una orchestra visiva di colori da pietre preziose. 
  Meraviglie del cinema, che con la scelta di ciò che ci mostra ci fa vedere anche quello che non è mostrato. Qui la luminosità, la bellezza interna delle parole che non leggiamo e non vediamo tuttavia risuona e appare nella bellezza del paesaggio esterno.
  Viceversa un arido, spento paesaggio interiore, un animo murato, proietta fuori calcinazione, cementificazione, deserto. Come spiegare altrimenti la bruttezza di costruzioni simili a gabbie di cemento, che vediamo in una città bella come Roma, deturpata da architetti e assessori che sembrano giocare con i mattoncini del Lego - ma un Lego incolore, morto - in strade e piazze una volta colorate e umane, con alberi e anima locale, ora deturpate da questi blocchi grigi, questi muraglioni squadrati come le trincee Maginot, con la differenza che le trincee Maginot erano state costruite come fortificazioni militari e nella Città Eterna, questo luogo dell'anima, come la chiamava un altro grande poeta, Byron, sono state messe dove erano alberi, come a piazza Risorgimento, dove erano alberi e storia, come a piazza San Cosimato a Trastevere. L'architetta di quest'ultima piazza, confrontata da una residente venuta a discutere il progetto, dicendole che le dava un malessere, un  sentimento di angoscia, le disse per tutta risposta, gelidamente: "le emozioni non sono importanti". Appunto. Lei stessa diceva che a lei le piante morivano tutte, "non sapeva perché". Il cemento non stava solo nel suo progetto.
  Occorre resistere alla cementificazione dell'anima; occorre occuparsi del nostro giardino interiore. Poiché la vita è un circolo, facciamo noi per primi le cose che vorremmo vedere fuori. Adottiamo un modo intelligente di resistenza all'inferno che ci circonda.
- Non buttiamo le persone, i vecchi amici, nell'ingordigia dei nuovi;
- non buttiamo le cose, gli oggetti che ci servono e ci hanno servito, specie se fatti da mano d'uomo. Non compriamo tanti oggetti nuovi. Resistiamo a circondarci di nuovi oggetti senza storia, complicati e presuntuosi, che non si possono aggiustare:  se rotti, spesso scomodi, spessissimo brutti da vedere: non di molte cose brutte e mal tenute abbiamo bisogno, ma di poche buone, ragionevoli, umane, da tenere bene. Nessun delirio di troppa e continua pulizia e rinnovamento delle cose domestiche che cancella ogni traccia di uso, dunque di presenza umana: meglio un vestito liso, ma che ci è caro, che ha visto con noi momenti belli. Io ho visto una volta un assassinio: cosa ha ammazzato una vecchina ospite di una casa per anziani nei Castelli Romani. Era tornata bambina: un passerotto che ti veniva incontro salutandoti con una lieve piroetta e mostrandoti con un sorriso luminoso il suo inseparabile cestino, culla di una bambolina antica come la sua padrona. Un giorno la vecchina appare completamente perduta, angosciata, tremante. Il cestino non c'è più,; non c'è più bambolina; 
lei non sa più parlare per dirlo. E una giovane inserviente, alta il doppio di lei, spiega allegramente: "Gliel'abbiamo messa in lavatrice, era tutta sporca". La vecchietta due giorni dopo era morta. Chissà dov'è stata buttata la bambolina, la cui unica colpa era stata di non essere nuova.
  Come dimostra il poeta e scrittore tedesco Magnus Enzensberger, il vero lusso non è né il nuovo né il superfluo, né il griffato né il caro: il vero lusso è lo spazio libero dagli oggetti; è la calma; è l'attenzione; è l'ambiente; è la sicurezza. Sono ben capitali. Per avvicinarsi ad essi occorre:

        - distinguere i bisogni dalle mille idee suggerite da altri e usare le proprie energie per soddisfare solo i pensieri che cominciano con la parola "bisogno", questo filo a piombo che non ci fa sbagliare e non ci fa perdere tempo: "il mio corpo ha bisogno di", " il mio cuore ha bisogno di", "la mia mente ha bisogno di", e far qualcosa per soddisfare questi bisogni, qui ed ora, nel possibile;
 
        - resistere alla sete di comprare e riempire i propri spazi- mente, case, auto, cassetti- di oggetti; preferire il vuoto al pieno;
 
        - non raccogliere tutte le notizie, informazioni e pubblicità offerte ma limitarsi a quelle fornite da poche fonti di provata qualità: la propria esperienza personale, un amico vigile e intelligente, un giornale credibile e un più vicino a una sempre relativa obiettività;
 
        - come non bisogna avere molte cose tenute male ma poche tenute bene, così bisogna fare poche cose ben fatte anziché molte fatte male: questo dà calma. Sapere, più che cosa ci piace, che cosa NON ci piace, e resistere a lasciarsi andare alla fretta e alla superficialità. Tornare quello che eravamo: contadini solidi, semplici, cauti, pondrati, che sanno che ogni cosa ha un tempo di sviluppo, e un costo;
 
        - combattere per l'ambiente, battaglia di valore immenso;
 
        - fare della propria mente un alleato e non un nemico, controllando  le emozioni negative, alzando   l'abitudine alla serenità,all'aspettativa positiva;
 
        - accettare il passaggio del tempo e la sua alternanza;
 
        - muoversi soltanto se è inevitabile, senza paura di restare da soli, selezionando sempre impegni e amicizie;
 
        - abbandonare la ricchezza materiale a favore di quella spirituale,  come consiglia lo scrittore Vincenzo Consolo.

  Fare tutto quello che si può non per avere le cose ma per non avere le cose, come suggerisce l'architetto Ettore Sottsass; scivolare dalla cronaca nella storia, come ha fatto Lamberto Sechi, grande giornalista, che legge sì i giornali ma soprattutto bei libri, e gira quando può il mondo per vedere i musei migliori; avere armadi non pieni ma vuoti, come individua la saggista americana Faith Popcorn, Fede Granturco, nome delizioso come la nuova semplicità che lei vede oggi trionfare tra molti giovani americani, felici di possedere solo pochissimi capi di vestiario.
  Al potere che cerca di imporci la schiavitù in cambio del possesso di un Rolex d'oro, bisogna solo fare un inchino di commiato, e andarcene, tornando alle poche cose vere, come il giovane flautista della canzone di Georges Brassens: 
 
        Il giovane musicista
        guidava la musica nel castello.
        Per la grazia delle sue canzoni
        il re gli offrì un blasone.   
        Io non voglio essere nobile,
        rispose lo strimpellino,
        con un blasone sulla chiave di violino
        il mio "la" comincerebbe a gonfiarsi.
        Si direbbe in tutto il paese
        che il flautista ci ha traditi.
 
        E il mio povero piccolo campanile
        mi sembrerebbe messo troppo in basso.
        Io non piegherei più le ginocchia
        davanti al buon Dio di casa nostra.
        Per la mia grande anima sarebbero necessari
        tutti i santi di Notre-Dame.
        Con un vescovo sulla chiave di violino
        il mio "la" comincerebbe a gonfiarsi:
        Si direbbe in tutto il paese
        che il flautista ci ha traditi.
 
        Mi vergognerei del mio sangue,
        degli avi dai quali discendo.
        Mi si vedrebbe fare il broncio
        sopra il ramo da cui sono venuto.
        Io vorrei un magnifico
        albero genealogico.
        Con del sangue blu sulla chiave di violino
        il mio "la" comincerebbe a gonfiarsi.
        Si direbbe in tutto il paese
        che il flautista ci ha traditi.
        Io non vorrei più sposare
        la mia promessa, la mia fidanzata.
        Io non darei più il mio nome
        a una Ninetta qualunque.
        Mi sarebbe necessaria per compagna
        la figlia di un Grande di Spagna.
        Con una principessa sulla chiave di violino
        il mio "la" comincerebbe a gonfiarsi.
        Si direbbe in tutto il paese
        che il flautista ci ha traditi.
 
        Il giovane flautista
        fece la sua riverenza al castello.
        Senza insegne, senza pergamene,
        senza gloria si mise in cammino
        verso il suo campanile , la sua capanna,
        i suoi genitori e la sua promessa.
        Nessuno dica nel paese
        che il flautista ci ha traditi
        e Dio riconosca come suo
        il coraggioso giovane musicista.
 
(traduzione da Georges Brassens, Le petit joueur de fluteau)
 
 

La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro

 

 

 

Data: 19/07/2010
Autore: LUCIANA MARINANGELI
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Immagine dal film "Bright Star" di Jane Campion (Gran Bretagna, Australia, Francia,  2009) 
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