Se mai qualcuno fosse colto da dubbio sull'utilità dei prati e delle aree verdi, e si domandasse a cosa servono, cosa farne, può presto porre rimedio domandando, per esempio, a un cavallo.
Dedicato a chi concepisce i cavalli in esclusiva funzione umana, come minimo con una sella addosso, o una carrozza, un sulky attaccati.
Dedicato a chi stenta a credere che senza stare segregati dentro un box o al lavoro i cavalli sappiano come ingannare il tempo.
Dedicato a chi dimentica che i cavalli non sono fatti per vivere 23 ore al giorno rinchiusi dentro una stanza di 3 m x 3, se tutto va bene, e uscire l'ora rimanente con qualcuno sulla schiena che impugna un frustino e spinge speroni nel costato richiedendo prestazioni, molto spesso eccessive.
Dedicato a chi evita di mettere al paddock il suo cavallo dicendo che teme le mosche.
Dedicato a chi non lo pensiona a fine carriera con la scusa che si avvilirebbe, e preferisce farlo sgobbare fino all'ultimo - o sbarazzarsene nel peggiore dei modi.
Liberi, al prato e nella natura (certo non abbandonati, questo è evidente) i cavalli sono perfettamente a loro agio: se stessi.
E forse, guardandoli, potremmo cogliere qualche suggerimento.