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IL PAESAGGIO E' UNO STATO D'ANIMO - L'asinello Platero o della tenerezza

  Sento oggi un bisogno di dolcezza, di riposo su un letto che non sia di spine, le spine che fanno soffrire chi ama la natura e la vede in mano a troppi ciechi, a troppi che non sanno quello che fanno.
  A Mosé non apparteneva il compimento della sua opera, non entrò nella terra promessa,  ma gli apparteneva  il fare la sua  opera, che era di condurre il suo popolo fino alla terra.
 
Lo dico per consolarmi, per consolare chi sente di avere una funzione positiva e ne sente tutta la fatica, che sembra senza fine. E per poter continuare a faticare così- per la bellezza della creazione, per le ragioni dell'armonia e della giustizia delle creature- occorre conservare per se degli angoli di luce e di nutrimento che il mondo esterno non può distruggere. 
 
Baudelaire parlava dei Fari - Les Phares- , i grandi personaggi del mondo dell'arte, che illuminano la vita degli uomini. A me è stato faro  un sogno memorabile che feci anni fa: in esso rivedevo l'illustrazione di una favola russa d'un libro della mia infanzia, dove c'era un vecchio contadino che in un paesaggio gelato tendeva le mani con  gioia fervente verso un alberello  nudo, rinsecchito, tremante nella neve, che però portava su un ramo tre meravigliose arance del colore del sole. Il disegnatore, Nicouline, straordinario,  mi mostrava così il momento culminante della favola, quella in cui il vecchio viene benedetto dal miracolo dell'arancio fiorito. E c'era una voce nel sogno che mi dava un consiglio:
      "Tienti vicina alle poche cose buone della tua vita".
 Così, anche se spesso, nell'affanno delle cose da fare, delle difese da mantenere, della fatica che  costa il vivere, le cose belle e buone anche piccole-ma piccolo non vuol dire non importante- della vita  sembrano nascondersi, oscurate dall'ombra come le nuvole velano il sole, la luna e le stelle; anche se spesso, dicevo,  le cose belle e buone sembrano dimenticate, tuttavia da qualche parte noi sappiamo sempre  che ci sono, e lì occorre una decisione. Decidere che si ha diritto alle cose belle e buone e non solo all'adempimento dei vari doveri: decidere di perdonarsi subito, senza condizioni, come consiglia una terapeuta illuminata e generosa, Paola Mazzetti.
 
Così quando io riesco a fuggire dai miei doveri ecco che riaffiorano puntualmente le mie arance, i miei piaceri: per me che amo la natura per esempio è un piacere assoluto, una gioia, rileggere "Platero e io" di Juan Ramon Jimenez, la storia famosa dell'amicizia colma di tenerezza tra questo delicato  poeta  e il suo asinello,  sullo sfondo di un luminoso  villaggio andaluso.
  Sembra una serie di piccoli quadri d'ambiente sul filo delle stagioni, di piccole emozioni che Platero attraversa leggermente.
  In realtà questo asinello, che sembra un giocattolo, è un educatore, come dice Carlo Bo. Insegna qualcosa, mostra qualcosa al suo padrone: lo fa riflettere sulla vita, sul mondo intorno, gli fa il grande dono di ravvivare il suo sentimento. Per me,  è una gioia continua, la descrizione della pancetta dell'asinello, del movimento delle sue orecchie, del suo camminare e balzare leggero, nel sole e nel verde del villaggio, soprattutto la descrizione dell'affetto, dell'intesa tra Platero e il suo padrone.
  Sentite, guardate:
    
      "Platero è piccolo, peloso, soave : così soffice, di fuori che si direbbe tutto di cotone, senza ossa. Solo gli specchi di mica dei suoi occhi sono duri come due scarabei di vetro nero.
     
Lo sciolgo e se ne va nel prato e accarezza leggermente col muso, strappandoli appena, i fiorellini rosa, celesti, indaco... Lo chiamo dolcemente: Platero?  e mi viene incontro con un piccolo trotto allegro che sembra che rida, per non so quale capriccio ideale...
      Mangia quello che gli do. Gli piacciono le arance, i mandarini, l'uva moscatella, d'ambra, i fichi neri, con quella goccia cristallina di miele...
     
E' tenero e affettuoso come un bambino, una bambina; ma secco e duro come una pietra. Quando giro con lui, la domenica, per le ultime stradine del paese, gli uomini della campagna che passeggiano lentamente vestiti di nero, si fermano a guardarlo:
      "Ha dell'acciaio".
      Dell'acciaio. Acciaio e argento di luna, nello stesso tempo. 

      E ancora: 

      "Platero giuoca con Diana, la bella cagna bianca che assomiglia alla luna crescente: con la vecchia capra grigia, con i bambini.
      Diana salta, agile ed elegante, davanti all'asino, facendo suonare la sua leggera campanella e finge di mordergli il muso. E Platero, drizzando le orecchie a punta, come due corni d'agave, la investe leggermente e la fa rotolare sull'erba in fiore.
     La capra va vicino a Platero, fregandosi alle sue zampe, tirando, con i denti, la punta dei giaggioli dalla soma. Con un garofano o  una margherita in bocca, gli si mette davanti, gli batte sul muso e poi salta e balla allegramente, civetta come una donna...
    Per i bambini, Platero è un giocattolo. Con che pazienza sopporta i loro scherzi! Come va adagio, trattenendosi, facendo lo sciocco perché non cadano! Come li spaventa, attaccando , improvvisamente, un falso trotto!
      Chiari meriggi dell'autunno di Moguer! Quando l'aria pura di ottobre affina i limpidi suoni, sale dalla valle un'idillica gioia di belati, ragli, risa di bambini, latrati e campanelle..."

       E ancora:

       "Noi ci capiamo bene. Io mi lascio andare dove vuole e lui mi porta sempre dove voglio.
      Platero sa che, arrivati al pino della Corona, mi piace accostarmi al tronco e accarezzarlo, e guardare il cielo attraverso la sua enorme e chiara chioma: sa che mi piace il sentierino che va, fra i cespugli, alla fonte vecchia: che per me è una festa vedere il fiume dalla colina dei pini, evocatrice d'un paesaggio classico. Se sonnecchio, sicuro, su di lui, il mio risveglio s'apre sempre su uno di questi spettacoli amabili.
      Io tratto Platero come se fosse un bambino. Se la strada diventa brutta e gli peso un pò, scendo per alleggerirlo. Lo bacio, scherzo, lo faccio arrabbiare...Lui capisce che gli voglio bene e non mi serba rancore. E' così uguale a me che son arrivato a credere che sogni i miei stessi sogni...".

 

      Che bello continuare...

 

La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro

 Luciana Marinangeli e' scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione l'Alberata

    

     

     

Data: 24/01/2011
Autore: LUCIANA MARINANGELI
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