Air Max 1 Essential Dames Outlet Online Air Max 1 Essential Black Outlet Online Nike Air Max Aanbieding Heren Outlet Online Jordan Schoenen Dames Outlet Online Jordan Sneakers Dames Outlet Online
Vacanze in Toscana
Cedro del Libano monumentale di Badia a Coltibuono

   L’imponente cedro del Libano si erge protettivo di fronte alla casa che, con il suo parco, è stata testimone di generazioni di vita familiare.
  E’ qui che ogni anno trascorro vacanze: in un paesino della campagna toscana che non possiede altra attrazione al di là del fatto di essere collocato sopra una collina estranea alle migrazioni turistico - vacanziere, affacciato su un paesaggio ondulato e pressoché desertico, tipico della zona argillosa che circonda Volterra. Eppure quella campagna riarsa e screpolata, che d’estate esibisce un panorama quasi lunare di terra glabra, solcata da crepe e fenditure dove sembra che nessun seme potrebbe mai attecchire, in primavera si copre di un verde tenero che ne addolcisce i contorni. Il grano appena germogliato restituisce l’immagine di un mondo rurale a quella landa dai toni smorti grigio- beige, preannuncio delle scabrose crete senesi.
  Tornare nella casa avita significa immergersi nel passato rimasto sepolto nelle soffitte della memoria. Rivedo i nonni seduti in giardino intenti alle loro quiete faccende: la lettura dei giornali, il rammendo, la cura delle piante da fiore nei grossi “coppi”, i vasi di coccio dolcemente bombati usati per tenere l’olio. Rivedo, ancora, i genitori, invecchiati e stanchi di girare il mondo, apprezzare la rilassante vita di campagna e coccolare il nipotino che, sperano, consacrerà a quella casa una nuova generazione. E’ sempre un’occasione per recuperare il rapporto con la natura: quello col piccolo mondo vegetale del giardino, di cui riconosco ogni volta nelle piante le successive trasformazioni, come accade rincontrando un vecchio amico, ma anche quello più ampio in cui il paese è immerso, che offre spettacoli densi di luce e di colore.
  Salvaguardare quel piccolo paradiso terrestre dagli attacchi dell’uomo e di madre natura é stata nel tempo un’impresa ardua. Con l’affacciarsi della modernità, il Comune aveva progettato di confiscare il terreno dell’uliveto per costruire un parcheggio. I nuovi ricchi, infatti, che avevano lasciato le vecchie case di pietra per migrare nelle villette costruite ai margini del paese, non si degnavano di percorrere a piedi i 500 metri che li separavano dal centro, ma andavano trionfalmente a fare la spesa in macchina. Per fortuna mio padre era presidente della sezione triestina di Italia Nostra ed aveva sollecitato i colleghi della regione Toscana affinché impedissero un simile scempio. A falcidiare gli ulivi, però, ci pensò una terribile nevicata negli anni ’50: gelarono quasi tutti e si dovette tagliarli radicalmente nella speranza di farli ributtare, e così fu, ma ci vollero anni e anni prima che il nostro prezioso olio potesse essere prodotto di nuovo.
  Quando eravamo bambini, nel corso delle vacanze estive trascorse in Toscana dove, affidati ai nonni, godevamo di una libertà assoluta, gli ulivi diventavano spesso un supporto per i nostri giochi. Quegli alberi facili da scalare, dai comodi rami che si offrivano come sedili, erano i nostri rifugi dove mangiare di nascosto i pomodori acerbi o portare i libri proibiti trafugati, ma anche palestre dove allenarci in una sorta di free- climbing arboreo. Altri giochi traevano ispirazione dal grande parco dove passavamo la giornata: armeggiavamo con le erbe per preparare pranzi immaginari, confezionavamo orrende poltiglie di fango, misture di foglie e petali di geranio, mentre le siepi di bosso potevano evocare nascondigli o linee di confine per i giochi di squadra. Uno di questi imponeva che il giardino diventasse “l’oceano”, e chiunque osasse avventurarsi oltre lo spiazzo di cemento antistante alla casa poteva rimanere preda di feroci pescecani, che si sarebbero avventati ad afferrare l’incauto “terricolo”.
   Una grave ferita al giardino era stata inflitta dal crollo improvviso di una cipressa, la cui radice a fittone non poteva far presa nel sottosuolo, attraversato da un tunnel adibito allo scarico dell’olio che parte dal frantoio. Miracolosamente, il cedro del Libano che l’ha sostituita, forse perché espande le radici in direzione orizzontale, ha raggiunto l’altezza di una decina di metri che oggi sfoggia maestoso.
   Un’altra offesa, in qualche modo necessaria, era stata inferta con la potatura del lungo viale di lecci, che creavano un verde tunnel di frescura da godere in estate. Purtroppo la ditta incaricata, come spesso succede, invece di rispettare la struttura degli alberi monumentali, li aveva rozzamente capitozzati tanto da ridurli a miserabili stecchi. Ci vorranno decenni perché quei poveri alberi possano ricreare una corona di rami e di fronde.
  La casa, a un certo punto, è diventata un centro gravitazionale capace di attrarre i vari parenti sparsi per l’Italia, poiché rappresenta una sorta di contenitore dei diversi capitoli della nostra saga familiare, oltre che delle fantasticherie e delle illusioni infantili. In questo luogo è ancora possibile arrestare il tempo e cogliere momenti di concentrazione in cui ritrovare parti perdute o dimenticate di se stessi e portarsi dietro il carico d’insonnia cittadino per farlo svaporare nel canto degli uccellini all’alba.
  Ma l’oltraggio più tremendo a quest’isola felice è collegato al recente suicidio del nostro fattore, che ha scelto uno dei cipressi del parco per impiccarsi. Dopo la nuova gelata invernale che aveva rovinato parzialmente gli ulivi, aveva cominciato a lamentarsi di non trovare più niente che lo interessasse nella vita. Il danno, in realtà, non era così grave da giustificare il suo scoramento. Purtroppo quei discorsi, che denunciavano una grave depressione, erano stati sottovalutati dalla famiglia e così quello scenario di pace campestre é stato sfregiato per sempre. Confesso di aver evitato accuratamente di avvicinarmi a quell’angolo di giardino, ma è difficile dimenticare un epilogo così tragico per un uomo che sembrava l’incarnazione del contadino laborioso e pacioso.
  Oggi la vacanza in Toscana, vissuta in passato come una parentesi di serenità e una concessione al misticismo, che stenta ad emergere fra i ritmi meccanici e compressi della vita cittadina, resta avvolta in un’aura di tristezza, per l’esiguo numero dei sopravvissuti e per gli eventi funesti occorsi negli ultimi anni.
  Per fortuna resiste impavido il poderoso cedro del Libano, simbolo della vittoria della rigenerazione sull’opera devastatrice dell’uomo e della stessa natura.

 

 Giorgetta Dorfles è scrittrice e giornalista

 

Data: 07/05/2011
Autore: GIORGETTA DORFLES
Bookmark and Share
Galleria Fotografica
Cedro del Libano monumentale di Badia a Coltibuono 
Archivio articoli
ILRESPIRO.EU ILRESPIRO.EU
  Qui sotto, nell'archivio del focus, potete trovare tutti gli articoli...
ILRESPIRO.EU ILRESPIRO.EU
 In particolare, nell'archivio del focus sono raccolte le puntate...
Senza cartello: a rischio e pericolo per i platani patriarchi Senza cartello: a rischio e pericolo per i platani patriarchi
 Secondo voi, il signore gentile e l'incantevole bambina avrebbero mai...
Sogni d'oro Sogni d'oro
 Chi di noi può permetterselo? Probabilmente nemmeno lui, cos&...
Fino all'ultima goccia Fino all'ultima goccia
 Si svolge a Roma il Forum Nazionale sull’Acqua  18 - 19 ottobre...
[Archivio Focus]
La vita degli altri
Copyright 2010 - www.ilrespiro.eu | privacy