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IL PAESAGGIO E' UNO STATO D'ANIMO - Il giardino del principe

Questo è l'argomento del secondo incontro sul tema dei giardini recentemente svolto presso la Biblioteca "Guglielmo Marconi" di via Girolamo Cardano a Roma, un luogo privilegiato  da una progetto architettonico di rara bellezza e luminosità firmato da Renato Nicolini, padre di quella "Estate Romana" che fece uscire dalle case i cittadini  della capitale a rischio di chiusura sociale dopo i fatti degli anni di piombo incoraggiandoli invece  a vivere la città come luogo d'incontro e di festa . Quel clima festoso e positivo si respira benissimo in queste sale colorate e spaziose dove una direttrice illuminata e generosa, Marina Girardet, coadiuvata da una efficientissima staff quasi interamente femminile, propone  in vivace successione programmi sempre  stimolanti che spesso precorrono i temi che altre istituzioni proporranno nei tempi successivi. E' il caso dei giardini, interesse esploso proprio negli ultimi tempi in tutto il mondo -  vedi l'"Année internationale des forets" proclamato dall'ONU in questo 2011, e il successo enorme della "Fete de la nature" francese che ha attirato 2 milioni di partecipanti  mezzo milione in più del 2010 e la prossima nascita del primo parco nazionale periurbano d'Europa vicino Marsiglia. In Italia la Biblioteca Marconi, che già dall'altr'anno a Natale aveva  proposto una Festa dell'Albero dove l'abete di Natale era solo di carta, fatto di tanti collages di bambini, ha sentito per prima l'urgenza di volgere lo sguardo alla natura vicina all'uomo, in dialettica con l'uomo: al giardino. E dopo aver esplorato il perché abbiamo bisogno dei giardini, come dice Robert Frost...
  gli alberi, mi domando,
  perché abbiamo bisogno di sentire
  il loro fruscio per sempre...
sono saliti alla ribalta loro, i giardini della storia.
 
E' stato detto che non c'è niente di più limitativo della foto di un giardino, dove mancano gli odori, i profumi, i suoni, gli scricchiolii, lo stormire, il cinguettare, le lucertole, le libellule, le anatre, le rane, l'incenso che sale dal  prato appena falciato, e dalla terra dopo la pioggia,  la rugiada, il secco , l'umido, i tagli gentili delle foglie, la puntura che mescola  piacere e dolore della rosa, il tonfo della pigna sulla terra, le foglie in gioco col sole e con l'ombra secondo le ore del giorno.
  Ancora più limitativo 
descrivere  qualcosa che non si vede e dove non si passeggia; ma quanto segue serva almeno ad attirare l'attenzione, a valorizzare la ricchezza di questi luoghi di felicità in terra.
 
Per fare un esempio, l'antica città di Pompei non è solo il monumento storico  archeologico che tutti conosciamo- e pochi conservano -; a Pompei oggi possiamo tornare a passeggiare tra gli orti, le alberate e i giardini latini del primo secolo d.C. . Gli affreschi murari, i pollini e i vuoti lasciati dalle radici degli alberi  hanno permesso di ricostruire il verde di questa città: a Pompei c'erano spazi verdi sia pubblici che privati, la Grande Palestra aveva una piscina da nuoto  ombreggiata da filari doppi di grandi platani, primo esempio di piazza alberata, il giardino di Loreio Tiburtino faceva un uso scenografico delle piante, con grandi alberi da frutta intrecciati ai platani. 
 Tuttora, avvicinandosi a Napoli, il viaggiatore attento si accorge che i filari di vite , bassi e poco evidenti fino ai dintorni di Roma, si alzano progressivamente levandosi verso l'alto e crescendo gloriosamente in altezza come quinte appoggiate sulle braccia di alberi fratelli. Viti, peschi, limoni, noccioli, fichi, meli, peri abitavano i giardini privati, ogni casa anche piccola il suo,  anche con piante utili e ornamentali, rose ma anche specie medicinali, e sempre disposte in modo scenografico, alternando le rose e gli alberi con fogliame scuro a piante con foglie chiare,  molto prima che Gertrud Jekill, icona moderna del giardinaggio, facesse della composizione coloristica alternata di chiari e scuri una delle leggi nella creazione di paradisi vegetali.
 
Dal rapporto sereno del periodo classico, così bene illustrato da Pompei, con una natura considerata come bella e utile e tenuta vicino a sé ma senza forzature, si passa con l'era cristiana a una visione differente del giardino. I contatti con l'Oriente hanno suggerito una visione più protettiva della zona verde, oasi di pace chiusa e isolata dal resto del mondo: i giardini segreti medievali diventano luogo dove alte mura racchiudono sia "l'amour de moy", l'amata di una celebre canzone francese del 400, sia il colloquio segreto dell'anima con Dio. I chiostri dei monasteri,  con la loro fonte centrale e il loro portico che circonda aiuole fiorite e alberi di melangolo, suggeriscono il percorso con cui come nel misterioso gioco dell'oca, come nel labirinto della cattedrale di Chartes, ci si avvicina alla propria verità.
  Esiste oggi un'associazione di amici dei chiostri, che  da tutto il mondo si riuniscono per esplorare questi luoghi di alta spiritualità. Tommaso da Celano, il biografo di san Francesco, ci dice che dettando le regole di vita ai suoi frati Francesco non aveva dimenticato l'orto, raccomandando di lasciarvi uno spazio libero dove le erbe spontanee potessero nascere e crescere, con quel suo amore per tutta la natura che non ha eguali nella storia del cristianesimo. La spontaneità caratterizza l'idea non suggerita, non obbediente, il moto dell'animo vero. E' forse per questo che le erbe spontanee piacciono agli spiriti liberi, come il poeta Giorgio Vigolo, come la scrittrice Dolores Prato, che ha pubblicato il suo capolavoro assoluto, "Giù la piazza non c'è nessuno", a 88 anni.Ma le erbe spontanee quando sono farmaceutiche vengono  coltivate sistematicamente nei giardini dei Semplici, prima di tutti quello del Vaticano, in quello che diventerà l'Orto Botanico di Roma. Il potere ha capito la potenza della natura e non intende dimenticarsene.
 
Un altro spostamento di punto di vista e siamo nel primo Rinascimento: ecco Leon Battista Alberti e la sua idea di un giardino come rifugio attorno alla villa dove il letterato si rifugia per meditare, dove Marsilio Ficino per ordine dei Medici inizia a tradurre i classici greci che un misterioso monaco venuto da Costantinopoli è venuto a donargli. Il faro dell'attenzione si sposta sull'uomo, sempre più audace e attento alla propria felicità terrestre. Nel 1500 in Europa ma anche in Asia due dinastie di parvenus senza scrupoli, i Medici e i Moghul, prenderanno il potere, proponendo un nuovo modello umano che avrà un forte impatto sulla natura. A Firenze c'era stata una grande e disastrosa alluvione che fu sfruttata dai Medici, allora potente famiglia borghese di mercanti, che investirono i loro beni in aiuti e soccorsi  alla cittadinanza guadagnandosene così il favore e il consenso. Le terre intorno alla città comprate poco per volta rafforzarono la presa di potere, nei fatti illegale, dei Medici, che sentirono la necessità di un programma urbanistico autocelebratvo, dove il giardino funzionava come architettura di parata. Sorse così il giardino di Boboli,dove le piante perenni alludevano alla stabilità e alla continuità della stirpe e i giochi d'acqua, le grotte marine, le statue di Nettuno, le battaglie navali ricordano al popolo le acque dell'alluvione ricondotte nell'alveo naturale dal potere del Principe. 
 
Michel de Montaigne, grande spirito libero, è colpito da questo paesaggio naturale vinto dalla volontà umana. Si crea la Limonaia, per riparare i grandi orci che contengono la collezione di agrumi, ma le piante in tutto quel grande spazio non stanno a terra: un esercito di letterati, artisti e fontanieri hanno creato un ibrido fra artificio e natura.
 
Anche i Moghul, in India, accentuano questa necessità autoritaria di regolare fortemente la natura: i loro celebri giardini nascono all'inizio dal bisogno di Bibur, l'iniziatore della dinastia, 1526, di avere anche nell'arida terra dell'Indo appena conquistata i dissetanti meloni della natia Persia; ma proprio perché il potere è stato appena conquistato, anzi strappato con la forza,  è necessario riaffermarlo visivamente con una immagine di dominio sulla natura. Ecco il Khyaban, una intelaiatura geometrica di 500 chilometri da Lahore ad Agra sovrapposta a tutto l'Impero bordata di alberi ombrosi, banyan, pipal, pioppi, cipressi e fiori sotto grandi parterre di alberi da frutto, con strade secondarie, fiumi e  giardini minori trasversali. E' il modello del giardino persiano: due canali perpendicolari che dividono il terreno in quattro quadranti: sono le quattro direzioni orientate con le costellazioni.
 I Moghul come i Medici sono attenti conoscitori e fruitori dell'antico sapere dell'astrologia e se ne servono nella progettazione di ogni edificio pubblico compresi i giardini, come del resto tutti i potenti d'Asia e d'Europa fino al 600: tutte le grandi città sono costruite su basi geomantiche, dall'antica Roma nata dal solco quadrato di Romolo , a Parigi, a Versailles. Babur discende da Tamerlano, altro principe astrologo che  aveva il suo osservatorio astronomico a Samarcanda e aveva impiantato la sua città con lunghi boulevard che portavano al giardino dei nobili mentre  molti boschi circondavano  la periferia: il recinto, come il muro che circonda il giardino segreto e il chiostro, protegge dal caos: come sempre la natura è protezione oltre che  forza da dominare e sfruttare, nell'eterna ambivalenza di questo complesso figlio, l'uomo, verso sua madre, la Terra.
 
Babur è un guerriero seminomade e la stessa irrequietezza che lo ha spinto un giorno a partire alla conquista dell'India gli fa percorrere incessantemente il paese a cavallo tracciando dovunque  altri giardini, fino a creare le città giardino con i  giardini continui lungo la riva sinistra del  fiume Yamuna. Più tranquillo, ormai assestato nel potere, un suo discendente, Jahangir, il sovrano del Taj Mahal, compone nella valle di Srinagar, nel fresco incantevole Kashmir, uno stupendo paesaggio di fiume e laguna, dove sul lago Dahk isolotti galleggianti con orti e giardini fanno da cerniera tra la laguna molto antropizzata e la libertà delle montagne sullo sfondo.
 Un altro principe Moghul, Shah Jahan secondo, crea un altro tipo di giardino: il giardino astronomico. Siamo alla fine della dinastia e i barbari premono ai confini dell'impero. Pressato dalla necessità di controllare la sicurezza dei confini del suo vasto dominio, che si estende in tutto il nordi dell'India, Shah Jahan fa costruire cinque grandi osservatori  in cinque parti differenti del regno, a Benares, Jaipur, Delhi, Ujain e Mathura, dai quali può ricevere le previsioni degli astrologi - cinque per controllarli l'uno con l'altro al fine di evitare  tradimenti. Gli strumenti di osservazione sono  collocati in magnifici parchi pubblici, tutt'oggi curatissimi, a evocare lo stretto legame naturale tra cosmo e vegetazione. Dedicherò prossimamente uno spazio a questo importante argomento.
 
Il seguito al prossimo lunedì. Parleremo dei giardini del re Sole, di Cristina di Svezia, dei Tudor, di Maria Teresa d'Austria, dei Borghese, dei Doria Pamphilji, della municipalità di New York, di Londra, di Stoccolma e di Chicago, la nuova stupefacente Chicago verde.

 

La rubrica di Luciana Marinangeli per Il Respiro

 Luciana Marinangeli è scrittrice, francesista e presidente dell'Associazione L'Alberata

Data: 30/05/2011
Autore: LUCIANA MARINANGELI
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