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MANUALE DI CONVIVENZA - Come salvare un pipistrellino
copyright Andrea Brutti

 In questa puntata parliamo degli unici mammiferi volanti esistenti sul pianeta: i pipistrelli. E’ importante farlo ora perché è proprio in questo periodo che le femmine iniziano a dare alla luce i propri cuccioli, e dal momento che ognuno potrebbe casualmente trovarne uno in difficoltà, è bene sapere cosa fare e quali sono gli errori da evitare in casi del genere. I piccoli chirotteri sono infatti animali molto delicati, e un intervento sbagliato potrebbe comprometterne la sopravvivenza.
 Nelle scorse puntate abbiamo più volte detto che si tratta di animali assolutamente innocui e, sfatando numerose dicerie (come quella che si possano attaccare ai nostri capelli), è stata spiegata l’importanza del ruolo biologico che hanno, soprattutto come formidabili divoratori di zanzare.
 Nel mese di giugno le femmine iniziano a partorire e vivono ormai insieme creando delle vere e proprie nursery composte anche da centinaia di individui. In questi grandi gruppi i maschi non sono graditi: vivono solitari in altri rifugi.
 Le mamme normalmente partoriscono un piccolo, molto raramente due. Alla nascita i cuccioli non hanno nessun pelo sul corpo e quindi la vicinanza del genitore è assolutamente fondamentale per mantenerli ad una giusta temperatura corporea.
 Passato qualche giorno le mamme iniziano pian piano a lasciare i piccoli da soli durante la notte per andare a caccia. Non si sa moltissimo delle cure parentali e del rapporto tra madri, figli e altri componenti del gruppo:  solo di recente i pipistrelli sono stati oggetto di studi più approfonditi, ma rimangono ancora molti segreti da svelare.
 Quel che è certo è che, poichè le nursery possono essere in spazi quali grondaie o intercapedini presenti nei nostri palazzi, ognuno di noi può imbattersi in un cucciolo: è quindi importante sapere come comportarsi.
 Anzitutto è doveroso ricordare che i pipistrelli sono animali particolarmente protetti dalla legge nazionale 157/92 sulla protezione della fauna selvatica, e da varie direttive comunitarie recepite dal nostro ordinamento che ne vietano la detenzione, anche quella cosiddetta “a fin di bene”.
 Ricordato questo, quando rinveniamo un piccolo chirottero a terra, la prima cosa che si deve fare è alzare lo sguardo. Infatti i pipistrelli, specie se cuccioli e senza pelo, si allontanano poco cercando invece un rifugio. E’ quindi probabile che proprio sopra la nostra testa vi sia la nursery ; in questo caso lo si può rimettere dentro, agendo al crepuscolo e facendo attenzione a non toccare il piccolo direttamente con le proprie mani utilizzando dei guanti o dei tovaglioli di carta.
 Se invece non si è riusciti a trovare il luogo da dove è caduto il piccolo, lo si può prendere e mettere temporaneamente in una scatola con fori piccolissimi e, come fondo, un tovagliolo di carta, accertandosi che sia sempre al caldo. Dopodiché può essere messo all’esterno nelle immediate vicinanze del luogo di ritrovamento, magari appeso ad un legnetto, per facilitare l’eventuale ritrovamento da parte della mamma. Se  dopo qualche ora non succede nulla, allora si dovrà rimetterlo nella scatola e assicurarsi che sia al caldo (magari mettendo una borsa di acqua riscaldata).
 Deve però essere chiaro che per prendersi cura dei piccoli orfani bisogna rivolgersi necessariamente a degli specialisti, i quali sono in grado di garantire le cure più efficaci, fornendo loro alimenti idonei e provvedendo ad un percorso di riabilitazione: tutto questo il privato cittadino non può farlo, non solo perché violerebbe le leggi, ma anche perché difficilmente potrebbe avere successo.
 E’ sufficiente in caso di ritrovamento rivolgersi ai Centri recupero fauna gestiti dalle associazioni animaliste ed ambientaliste. Esiste anche una associazione, il Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri (GIRC), che ha un elenco di recuperatori in grado di venire in aiuto del cittadino e che ha pubblicato una guida molto utile per non commettere errori: basta digitare su un motore di ricerca “SOS Chirotteri”.
 Se si è impossibilitati a consegnare subito il piccolo, lo si può alimentare con qualche goccia di latte di capra diluito in acqua tiepida (diluzione 1:1) e tenerlo con la testa rivolta verso il basso. Attenzione, perché le dimensioni dei cuccioli sono minime ed è molto facile che si sporchi: in questo caso il piccolo va pulito delicatamente con un tovagliolo di carta inumidito. I pasti devono esser somministrati ogni 2/3 ore a seconda delle dimensioni del giovane.
 Ultime raccomandazioni: non utilizzare mai ovatta o tessuti per foderare le scatole, perché potrebbero causare danni all’animale (regola valida per qualsiasi specie di qualsiasi età); cercare di riscaldare il piccolo con le proprie mani prima di somministrargli il latte; maneggiarlo a mani nude purchè ben pulite. E, cosa più importante, rivolgersi agli ospedali per animali selvatici quanto prima per garantire maggiori probabilità di sopravvivenza al cucciolo.


La rubrica di Andrea Brutti per Il Respiro

 Andrea Brutti e' esperto di tutela degli animali selvatici ed e' consulente di diverse associazioni animaliste nazionali; ha contribuito alla creazione del Centro Recupero Fauna Selvatica LIPU di Roma che ha gestito per 10 anni

 

Data: 25/06/2011
Autore: ANDREA BRUTTI
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