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ProgettoI fiori d'oro di novembre
I fiori d'oro di novembre

  Novembre: ecco le gonfie sfere dei crisantemi apparire, ricche, meravigliose, sui banchi dei fiorai. Gialli trionfali, rossi di carminio, bianchi di magnolia: una gioia. Ma in Italia si guardano con occhio frettoloso, compunto, quasi proibendosi di guardarli veramente: si sa, è il fiore dei morti...
  E' un classico caso di pregiudizio che impedisce di vedere, di accorgersi  della realtà di qualcosa, e la realtà qui è la  bellezza gloriosa di questo fiore che tutto esprime fuorché malinconia e fine. 
Pochi sanno vedere senza pensare a come e cosa devono vedere, talmente pesano i modelli inculcati, il come ci è stato detto di guardare quello che abbiamo intorno.
  Un piccolo dubbio sulla appropriatezza del binomio crisantemo-morti insinuò in anni lontani nei suoi giovani lettori "Il Tesoro ", una splendida enciclopedia della UTET che aprì ai ragazzi italiani con grazia e ampiezza molte porte fino allora proibite nell'educazione dei bambini e degli adolescenti.
  Memorabile la serie delle fiabe di tutti i paesi, che invitava a guardare e rispettare altre storie, altre anime. Lì c'era la leggenda della nascita del crisantemo, creato da 
una giovane sposa il cui marito si recava troppo spesso in viaggio per lavoro. Lei gli aveva chiesto quanto tempo sarebbe rimasto con lei  una volta tornato: "Resterò tanti anni quanti sono i petali di quel fiore", disse il marito un po' troppo vagabondo indicando un fiore con pochi petali". Ed ecco  l'ingegnosa fanciulla - il lettore imparava così che in Oriente si parla per simboli, e che  la donna giapponese non è poi tanto sottomessa e sa inventare soluzioni efficaci - prendere le sue forbicine e fare nei pochi petali tantissime striscioline che gonfiavano il fiore ora millefoglie!
  Dunque lunga vita e felicità!
  Certamente a scuola e in famiglia  in Italia non si insegna che nella Cina della dinastia Sung (1127-1279) da cui il crisantemo proviene, la Cina di Confucio, che lo amava moltissimo, il "fiore d'oro" era altamente apprezzato come pianta medicinale per allungare la vita e la bellezza e come simbolo del rinnovamento della vita.
 
Lo si regalava alle spose;  in Italia solo gli yamatologi - gli esperti del paese del Sol Levante -  e i viaggiatori sanno  che  in Giappone, dove è arrivato alla fine del settimo secolo, il crisantemo è il fiore nazionale. Nel periodo Heian, IX secolo, momento di altissima civiltà dove non vi sono guerre e fioriscono le donne scrittrici, a corte si beve il saké con petali di crisantemo nelle tazze, e il nono giorno del nono mese dell'anno si fanno banchetti per festeggiare la sua fioritura.
  Il fiore d'oro viene adottato  dall'ottantaduesimo imperatore  Gotoba Tenno come stemma imperiale, amato al punto di figurare su tutti gli abiti e i beni del Figlio del Cielo, dalle tazze alle spade, ma anche come  emblema nazionale: nel tempio shintoista di Yasukumi, a Tokyo, - cuore della più antica religione del Giappone - il crisantemo appare ovunque, sul legno, sulla pietra e sugli splendidi portali d'ingresso. Laggiù esso esprime nobiltà e lunga vita; lunga vita, e pace: perciò quando nel 1945 è stato emesso un francobollo per ricordare la firma del trattato di pace che  aveva posto  fine alla guerra del Pacifico, fu scelto come simbolo - simbolo del sole che sorge, levante, per la sua forma tutta offerta e regale, larga e piatta - un crisantemo: un messaggio di speranza per un popolo prostrato e quasi annientato dalla bomba di Hiroshima, e non solo 
messaggio di speranza ma anche  sottile riaffermazione della figura fino allora veneratissima dell'Imperatore che era stato costretto dagli eventi a negare pubblicamente la sua discendenza dalla dea Amaterasu.
 
Anche se il Tenno deve dire  alla radio nel suo mesto discorso alla nazione che la sua dinastia non è di origine divina e che gli Americani lo hanno vinto, il  paese commemora la sconfitta con l'immagine del fiore dell'imperatore facendolo  riapparire dappertutto grazie alle ubique ali della posta. Potenza dei simboli vegetali, nonché gesto  di orientale sottigliezza...
  In Europa arriva in Olanda nel 1600, epoca di intensificazione dei viaggi in Oriente; nel 1753 riceve il battesimo occidentale da Linneo. 
Nel 1789 appare in Francia, novità piccina tra tante novità fragorose. 
Nel 1795 è in Italia, a Pavia, nel famoso Giardino Botanico dove Goethe passeggia e dove riceve l'illuminazione da una pianta. Nell'800 viene adottato dai salotti: nella "Ricerca del Tempo Perduto" di Proust  la casa e il giardino dell'amata Odette - che poi era un uomo, ma che importa -  sono pieni di grossi crisantemi e a Proust piace "la penombra della stanza striata di rosa, d'arancio e di bianco dei raggi profumati degli effimeri astri che s'illuminano nelle giornate grige".
  E Claude Monet, Degas, Morandi e Andy Wharol hanno tutti ritratto i fiori d'oro.
  In Inghilterra si regalano oggi crisantemi per la nascita di un bambino, appunto  come simbolo di gioia, vitalità e pace, e negli USA come si vede in molti film sono  presenti nelle feste scolastiche, nelle riunioni di famiglia e in genere nelle ricorrenze gioiose, matrimoni e premiazioni.
  Ma in Italia c'è Giacomo Puccini , che scrive una elegia per quartetto d'archi, "I crisantemi", appunto; essi fioriscono alla fine di ottobre, in coincidenza con  la Commemorazione dei Defunti del 2 novembre:  la vicinanza ha creato così l'appartenenza.
  Ma la realtà è che sono fiori gioiosi, luminosi, lo dice anche il loro nome, chrysos anthemon, "fiorente d'oro".
  Guardare con altro occhio una realtà consueta come un fiore stagionale può sembrare cosa piccola, ma piccolo non vuol dire non importante, come dice il Tao nel paese dove è nato il fiore d'oro.
  E chissà che questo fiore d'oro vicino alla morte non suggerisca che questa è un passaggio a un mondo nuovo, più gioioso di questo?

Data: 29/10/2010
Autore: L'Alberata
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